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    giovedì 15 novembre 2012

    IL SÈ


    Qualsiasi cosa faccia o cerchi di fare nella mia vita, sempre mi ritrovo nel tema del Sè e della contemplazione, una comtemplazione che non necessariamente è passiva, una contemplazione che implica un impegno, che può essere sociale a più livelli e modi, può essere avere una famiglia, un lavoro, od anche vivere nella povertà e nella solitudine. Tutti i cammini sono parte del sé e solo nel sé vedo le risposte e le domande nella loro totalità.
    Il Sé, che non vedo dissimile dal Tao e da Dio, e qualcosa di cui si può dire tutto e nulla e non si sbaglia quasi mai. È forse un inganno della mente?
    Possiamo avere visioni del Sé più o meno utili per aiutarci nel cammino della vita, questa è la risposta che sento di dare, e a seconda della nostra stessa vita, situazione, le nostre prospettive cambiano. Meditando, aprendo la mente, si aprono le prospettive, e ci si trova l'infinito davanti (dietro, dentro) e questo spiazza, può spaventare, o riempire di follia o di una ebete gioia beatitudine. La parte poi razionale della nostra mente dà nome, limiti e significati a questa esperienza, ma in essenza il sé resta uguale, immutabile, sempre lì, passi quello che passi. Alcune menti rifiutano del tutto questo tipo di esperienza o forse questa maniera di parlarne, ma in altri termini si giungerebbe comunque a parlare di qualcosa che è eterno, infinito, o di cui in qualche modo non possiamo giungere a una conoscienza totale o a una definizione totale in ogni sua parte, e pure questo è il suo gioco (è un modo per spiegare le cose, in realtà forse nessuno gioca con nulla, ma è un bel modo, un modo che rende coopartecipi della vita nella sua totalità e credo che questa sia la realizzazione a cui mirare, ed è ovvia, forse in qualche modo già tutti la viviamo da sempre, ma forse non ne siamo del tutto coscienti e ci perdiamo per effetto del gioco, nei dettagli. È un bel gioco, entusiasmante e noi siamo delle pedine, a volte il riflettore si pone su di una che è esaltata a volte ne affossa altre, ma quella verità del sé, quello stato dell'essenza è sempre vero, ora qui, per sempre, eternamente). Mi trovo quindi al confine di come poter esprimere del tutto cosa sento significhi tutto ciò, comprendendo che ogni parola, disquisizione crei altri mondi, dimensioni, con i loro significati e limiti, ma sarebbe solo copie di qualcosa di immutabile, non riesco ad usare altra parola che metafisico. Con questo non dico che la scienza sia inutile, che la razionalità non sia uno strumento utilissimo per molte cose, e lo ripeto esisteno milioni e milioni di modi per vedere la realtà (il sé) ed ognuno ha i suoi punti di forza e le sue debolezze, punti di confutabilità e critica. A volte per compensarci ci muoviamo un po' più da un lato o un po' più dal altro, magari vivendo più in fantasie o in materialismo e praticità spicciola e superficiale, ma tutto questo non si muove mai dal sé imperituro, ne è una parte, ma ci scordiamo del resto. È normale, è parte del esistere e del essere, in realtà ogni fenomeno già che si manifesta ed esiste è normale, straordinario è il suo effetto su di noi, e l'entusiasmo per la vita ci permette di coglierlo. Dobbiamo abituarci al infinito, al trascendere i nostri limiti. Le nostre facoltà ci permetto di creare modelli che sono sempre solo modelli, alcuni stupendi, funzionali che influenza molto il nostro modo di vivere anche come società, ma sono modelli. È un po' come la teoria e la pratica di un corso di laurea, la realtà che poi si trova negli ambienti di ricerca e di lavoro è differente, e dipende da molti fattori, alcuni con molto peso a discapito della praticità logica (sarebbe meglio cambiare la tal cosa ma la gente non è abituata e sarebbe più lo sforzo a cambiare il comportamento che non il vantaggio del cambio, solo un esempio). È un base a questo che affermo che siamo il Sé. Esistendo, sentendo, percependo siamo il Sé, identificato in qualcosa, con i suoi attributi, ma siamo parte del tutto, di un processo di essere (vita come divenire, nelle sue fasi) e tutte le distinzioni, differenze e modelli esistono per via della nostra mente. In realtà esisterebbero anche senza la mente, ma ovviamente non esistendo la mente non vedo il motivo di specularci, il 'problema' ontologico non esisterebbe neppure visto che è la mente che chiede ed intende (non denigro la mente per nulla, sia chiaro). Realizzare ciò, è la realizzazione. Così semplice e cruda, naturale ed ovvia. Ma spesso alla mente non basta... ed è anche giusto sia così, per via della vita, del processo, del gioco del esistenza che continua. Il cambio è di prospettiva. Esiste un disegno, un progetto divino? Non so' dare una risposta univoca. Il senso del tutto è nel esistere, noi come individualità giochiamo in questo divenire, con ruoli che la nostra volontà individuale può cambiare a volte, ma solo in noi stessi possiamo risolvere il nostro soffrire, darli un senso, comprenderlo. Questo dipende da noi, qualcuno può guidarci ma a noi tocca prima o poi abbracciare il mostro, che in fondo è ignoranza di una parte del tutto/sè che in ultima analisi è ciò che noi siamo davvero.
    Tutto questo non è solo un autoconvincimento per fare tacere la mente ed imporsi una verità?
    Potrebbe anche essere, la mente spesso se la suona e se la canta hahahaha! In fondo è così come ci appare la vita! Dipende dalle nostre priorità, accettare ciò che siamo è solo un atto naturale ed ovvio. L'unico vantaggio è fare il nostro lavoro, compiere ciò che sembra che l'essere umano siano propenso a compiere, pensare, comprendere, ed agire costruendo cose (anche scrivere è un atto creativo). In realtà ogni essere vivente compie a suo modo questo compito, di agire e costruire, ma l'essere umano è più complesso, con i lati positivi e negativi a questo. Per ora è tutto, sempre pronto a critiche.

    Om Namasté

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