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    lunedì 4 giugno 2012

    SAMADHI

    Come tutti sanno il samahi è lo stato di unione con l'assoluto, uno stado profondo di meditazione.
    Ci sono anche alcuni studi medici su questo stato, sulle differenti attività cerrebrali rispetto al normale stato di veglia. Quello su cui volevo concentrarmi, ahahaahha parola ad uopo dato il tema, è che di samadhi sembra ne esistano di molti tipi. Beh come in tutti i campi ci sono tante fonti differenti, alcune per nulla autorevoli, nel senso sia di non canoniche che forse neanche tanto esperte. Come ogni cosa solo chi lo sperimenta davvero e pienamente può parlarne, se riesce e lo farà a suo modo,  questo punto potremmo pure dire che esistono infinite varianti di samadhi e potrebbe anche essere la verità, ma non è nel campo speculativo che vogliamo disperderci.
    Direi che una delle classificazioni che mi piace è quella che parla di una samadhi che viene quando vuole, dura quanto vuole e poi si ritorna in uno stato normale, però neanche troppo: qualcosa è cambiato e radicalmente, seppure la vita continui con il suo samsara (savikalpa samadhi). In questo caso ciò che nel profondo ci connette al samsara continua, o meglio i semi ritornano a germogliare. Esiste poi in nirvikalpa samadhi, in cui si arriva molto più in profondità nello stato meditativo. Si ha controllo del samadhi, nel senso che si entra quando si vuole in questo stato ed abbastanza rapidamente. Nirvikapla è senza attributi, si va altre ad ogni attaccamento, anche più profondo. Si dice che qualcuno non ritorni da questo stato. Notiamo come non si parli più di decisione del ego ritornare o meno, già è qualcosa di più grande ad agire, in realtà sempre è così.
    Ed in fine vi è uno stato di totale fusione con l'assoluto però continuando il gioco della vita (shaja samadhi).
    C'è chi dice che solo l'ultimo sia il vero samadhi, chi solo in narvipalka, chi dice che samadhi è solo samadhi e basta, e anche chi dice che esistono molti livelli e sfumature di queste classificazioni, con la pratica si può migliorare la realizzazione, ma solo la grazia di dio può portare alla realizzazione più grande.
    Sono certo che il samadhi sia un cambio radicale di prospettiva, un cambio abissale. E si, in certi stati profondi di meditazione viene poprio voglia di non tornare... si sperimentano piacere sottili, si sperimenta l'essenzialità del essere, si sperimenta la pienezza del tutto, si sente come si è il tutto, parte del tutto nel tutto, si sente come tutta la realtà sia solo la contrazione delle nostre percezioni, si sente come la mente abbia i suoi limiti, di com tutte le teorie e filosofie hanno senso solo se si vivono certi stati altrimenti sono solo giochi mentali, e molte molte altre cose a livello fisico, sensoriale. Si comprende come il piacere del sesso, delle droghe, sono solo una parte di qualcosa, si sente tutto come un' infinita vibrazione, tutto sembra così lontano e vicino, si vedono luci stupende, avvolgenti, e poi quella divina oscurità senza attributi, quel silenzio nel suono, quel confine invalicabile, quella sublimità universale, che non saprei con quali altri termini chiamare. È come davvero arrivare al confine di tutto, e senza bisogna di voltarsi si vede e sente tutto.
    La cosa migliore credo sia meditare e vedere che succede :)
    Lo svantaggio di tutte queste classificazioni potrebbe essere che la mente crei questi stati, però forse è la mente che davvero li crea in un certo modo. Se l'ego vuole realizzare il samadhi deve trascendere se stesso, facendosi scacco matto. Credo che la migliore definizione di samadhi per me, oltre a unione con il tutto, sia totale consapevolezza contemporanea di ogni cosa, di ogni stato, di ogni possibilità e non possibilità, tutto nello stesso istante, tanto da andare oltre ogni cosa, avvolgendole tutte.

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