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    venerdì 16 novembre 2012

    IO SONO DIO vs SONO IL SERVO DI DIO


    Questa mattina riflettevo dopo aver meditato e letto alcune cose da un sito super cattolico, che poneva da un lato il cristianesimo come vera religione e tutto il resto come new age (mi ha lasciato perplesso vedere alcuni degli elementi del induismo, come il brahaman posti nella categoria new age ed anche elementi del buddusmo stesso, forse era meglio specificare meglio, induismo e buddismo non sono new age, anche se lo hanno influenzato o grazie alla new age sono giunti a maggior diffusione) sono ritornato al tema sono dio o sono solamente un anima, eterna servitrice di dio-sè?
    Ma nella lotta sono dio vs sono anima, credo che tutto si giochi come sempre sulla cultura della mente ed ego di chi considera la cosa. Essere dio, si riferisce al nostro sè, totalmente realizzato, con mente che trascende se stessa e si astrae al infinito, per quello che può, e sentire e comprendere che tutto è dio. Non vi è nessun atto di orgoglio nella vera dichiarazione "io sono Dio" in quanto non è neppure l'ego che la proferisce o se lo è, lo è solo come tramite, un piccolo megafono che da forma e suono a l'essenza della vita e del tutto. Essere eterna anima e servo del sè ha senso come dichiarazione del ego che dichiara il suo essere limitato, parziale, ne accetta la condizione e si pone al servizio della vita, del sè, di dio.
    Ci sono i pro e i contro, o meglio le travisazioni che in entrambi i casi si possono dare alle due dichiarazioni (stò dando per scontato il credere in dio/sè e nella esistenza del ego/anima, per dirlo in qualche modo); il credere che l'ego sia solo il vero unico dio, ma dal altro lato il credere di essere l'unico vero santo e giusto servo di dio. Entrabe le prospettive si incontrano in differenti religioni e culture, anche se la prima credo sia più di stampo orientale.
    Il punto che le unisce è il vero significato profondo si superamento del limite di ciò che siamo come ego, l'accettare che esiste molto di più lì dentro e lì fuori o neppure si sà bene in che posto, e che come ego non siamo in realtà così potenti e forse neppure i veri motori delle nostre azioni. Siamo una struttura, ci identifichiamo con questa, è utile, è volontà del sé (noi stessi, nostro dio), ma in realtà siamo in essenza molto di più. Spero di essere stato chiaro ed organico. Chi vede orgoglio e presunzione nel sentire che uno afferma di essere dio, sarebbe bene comprendere in che senso e per quale motivo l'afferma o forse solo ricordare e comprendere che tutto in fondo esprime una parte della verità (intesa come realtà del essere).

    Mi sento ora di mettere il punto su di un tema collegato e visto i miei pochi masochisti lettori, scrivo qui una breve considerazioni. Meglio umiltà od orgoglio? Come sempre la vedo complicata e funzionale al obbiettivo. Entrambi posso servire, se per orgoglio si intende il tenere la testa alta, la coerenza con noi stessi, e resistere nelle cose che crediamo corrette e di avere il diritto di esercitare, credo che si, serva, ma se rende l'ego unico dio porta fuori strada (anche se in termini del sè stesso non cambia nulla). Se per umiltà si intende il non illudersi del ego, è ok, ma se diventa uno strumento perverso di maschera del ego, no (sono più umile valgo di più [contraddizione evidente], o peggio non valgo nulla e non agisco visto che comunque fallirei [utile se crea fede nel sé, ma come fase di transizione].
    Vorrei anche aggiungere che l'essere dio implica che tutto ciò che avviene avviene in qualche modo sia per mia volontà vera e profonda, lamentarsi anche se umano e voce del ego, ha il suo limite; essere servi implica l'accettare tutto come volontà divina (the same...). Entrambi implicano una coopartecipazione con i fatti, entrando un evento nella sfera della coscienza (che è espressione del vero essere) implica una nostra coopartecipazione, anche decidere di non fare nulla é una decisione. E l'ego cosa c'entra? È parte di questo processo di decisione, ma non l'agente in assoluto, proprio per nulla.
    La liberazione dal peso del karma implica l'essere consapevoli che l'ego ha limiti, fá cazzate, ha una visione limitata, ed il vero agente del tutto è il sè/dio che da un lato è la nostra vera natura e dal altro, seguendo la linea del titolo di questo post, il vero signore di ogni cosa.
    Il libero arbitrio è quel elemento che permette sempre, o quasi, al nostro ego, un margiine di scelta, un spazio in cui agire. Sempre ci si può ribellare, andare contro qualcosa, ovviamente dipende a cosa e come e secondo quale progetto. Sia che si creda in un progetto divino prestabilito o si compia un atto costante di accettazione dei fatti accaduti come conseguenza dei nostri profondi divini atti volitivi, il risultato è simile se non identico di coopartecipazione piena della vita, che è esistere, essere. Più ci si libera da paure, limiti, responsabilità karmiche, e più si vivere davvero come testimoni della realtà secondo le costruzioni mentali che abbiamo o sono rimaste, più si è veri, direi evoluti. Il sintomo è uno stato di beatitudine, ma se siamo impegnati in compiti gravosi le varie emozioni non sempre piacevoli affiorano... è li che bisogna essere forti, pieni di amore ed abbracciarle, comprenderle... e vedere le avversità come nuove esperienze che non potranno mai intaccare la nostra vera profonda natura di cui anche l'ego, il corpo, l'individualità é solo una parte, transitoria ma sempre conessa con l'eternità del tutto.
    :)

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