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    lunedì 17 dicembre 2012

    SERIETÀ


    In questio mi sono messo a leggere, studiare e vivere "i am that" , in realtà "Yo soy eso" in spagnolo, di SRI NISARGADATTA MAHARAJ, uno degli esponenti della corrente advaita, e davvero illuminante, non ho parole per descrivere i suoi insegnamenti. I suoi dialoghi e da quello che ho letto gli incontri con lui, erano caratterizzati dal far davvero vivere l'esperienza del essere. Non tanto il sentire ananda, pace, estasi, si anche, ma proprio il sentire che tutto le proprie conoscienze non sono vere, non sono proprie, le varie esperienze non sono brahman o si però una parte, non totalmente, ma ancoro più si sente l'effetto pieno e vivificante del indagine del "io sono".
    Ho davvero vissuto alcune esperienze interessanti sentendo tutto questo processo (la domanda è chi sente
    cosa) e tra tutte le cose che hanno colpito questa mente, non manca il fatto della serietà.
    Serietà, cado nelle interpretazioni, è prendere sul serio il metodo. Non è un gioco, si lo è, ma in un altro senso. Ci si ritrovara veramente a togliere tutti i veli che abbiamo creato, posto, con proiezioni, sovrapposizioni, ed arriviamo al caos, al vero dubbio, testimoni del gioco, del procedere della mente. Si vedono i processi cognitivi. Si sente che questo pensiero è per desiderio di, paura di; si vede, si è testimoni che svegliandosi l'io sono attraverso vari processi si attacca alla memoria (corpo, nome, spazio, casa, ruoli, ...) ma in vero sempre è io sono, ma oggettivato (mi fermo, il gioco della speculazione mentale è gioco della mente, anche del essere, ma non si allontana dal essere la sorgente).
    E così la pressante domanda "chi sono?" e le confutazioni "ma questo è collegato a questo, non è il principio" oppure "ma se sono testimone di questo processo non è quello, il brahman, vicino, ma non uguale, il brhaman è il testimone senza testimoni " e così si ditrugge ogni certezza se non il fatto di essere in se stesso, supportato dalla parola del maestro, dal processo che abbiamo messo in atto (per dirlo in qualche modo) e stiamo sperimentando, e l´ essenza dei veda (ma qualcos di simile è presente in altri testi sacri).
    Per quello che sento e comprendo, ogni sconfinare da quel senso oltre ogni cosa, è sconfinare e già non essere il centro, ma in realtà sempre e comunque siamo quello (quello e non questo). Non è solo un gioco mentale, o una speculazione oziosa; è da prendere seriamente e questo credo che Nisargadatta che è brahman, voleva dire. Ci vuole molta fermezza nel risultato e quello che sento è che ogni processo mentale cambia, o meglio c'è come un distacco. Davvero si vede tutto, anche nella illusione degli altri. Poso lo sguardo su di una ragazza, su di un libro, e vedo tutto quello che si affaccia dentro e fuori, ciò che perturba la superficie di qualcosa, che è e non è brahamn già che è imperturbato, e comprendo che le parole dei maestri, sono da comprendere nella totalità, o forse con il contagoccia, che il fraintendere e cadere in oziosità della mente è facile, è pure naturale da un lato, ma finchè continua la domanda chi sono io non è utile, può portarci lontano. Cosa ci sia poi ... solo l'atman, che infinita coscienza e beatitudine oltre ogni costruzione, sensazione, parola, forse pure azione, ma non ne esclude nessuna.

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