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    giovedì 5 settembre 2013

    RELIGIONI DI ALTRI PAESI E DI ALTRE CULTURE

    Dopo una piccola considerazione delle religioni ed il passare del tempo, vorrei parlare del fiorire di culti di paesi 'lontani' in terre straniere.
    Inizio con il dire che storicamente non è che sia una grande novità, flussi migratori e spesso tutt'altro che socievoli sono sempre esistiti, sfociando a volte in guerre di conquista e quindi insediamento di altre religioni a volte è avvenuto proprio come un 'riporto' da parte del gruppo che ha vinto questa guerra.
    Spesso però il culto importo assume qualche gusto diverso, inizia a vibrare con quello che vuole sostituire, specie se tutto avviene come fu con il cristianesimo nel regno romano. Si convertono le feste pagane in religiose, come togliere qualcosa che si basa su di una tradizione così antica e dal forte valore sociale?
    Esistono poi gli avventurieri pionieri di viaggi lontani per i più svariati motivi, che scoprono con desiderio e curiosità mondi così diversi che dentro di loro portano a cambi a volte anche profondi. Esiste poi chi, credo forse ancora più nel mondo moderno, per svariati motivi non accetta alcune imposizioni, schemi che trova imposti e così cerca in altri lidi, e a volte trova, comprende crescre e riporta questi percorsi.
    Certo anche la moda ha il suo peso, in  qualche modo siamo tutti un pò condizionati. Ma il proliferare di santi e santoni è sempre esistito e forse sempre esisterà, così come di falsi guru della scienza e di dottrine a volte anche un pò bislacche ma curiose e con il loro fascino.
    A volte c'è anche chi rifiuta tutte le varie diattribe tra culti e ne fonda di nuovi, cerca qualcosa di meglio, o di unificante e lo crea, lo modella. Tra tanti aborti qualche figlio sopravvive e prolifica e segue il suo corso.
    Religioni un pò elastiche o cambi non troppo radicali formano poi sottogruppi che se seguono certi schemi contunano ad essere canonici in una tale religione. C'è poi chi vive e segue una religione di altri paesi ma a suo modo. Qui in colombia ho conosciuto alcune colombiane convertite al islam, ma non vivono certo e non accetterebbero il modo di vivere di una musulmana di un paese ultra integralista.
    Parlando con amici, sottilineamo come anche del hinduismo, del tantra, del buddismo, del taoismo etcetc spesso e pure giustamente uno coglie ciò che serve, che sente utile, importante e magari alcune accezioni culturali di un certo paese rimangono la. Non solo, ma paradossalmente uno potrebbe anche sapere molto di più della dottrina e pure di come vivere seguendo certi insegnamenti di una tal religione ed essere più vicino al insegnamento del tal maestro vivendo in un altro paese. Forse anche perchè davvero cerca qualcosa e lo cerca con sincera devozione, non imita di seguire un culto. Anche qui poi iniziano le lotte di nazionalismo chiaro. Un italiano che diventi monaco buddista in cambogia ... beh credo che sarà sempre considerato uno straniero, non saprei quanto accettato del tutto o comunque alla stregua degli altri monaci.
    Aggiungo poi che certe pratiche anche sociali possono non avere così senso in altri contesti culturali. La cerimonia del tè ad esempio. Ma uno la potrebbe adattare ad un pranzo, magari in modo meno pomposo, semplicemente essere più gentile ed accurato nel prepararlo, nel servirlo, nel degustarlo, con l'idea di essere presente in ciò che fa e goderlo pienamente con chi lo condivide. In fondo non è questo il senso della cerimonia? 

    3 commenti:

    1. "Vimalananda desiderava che le sue opinioni fossero conosciute da
      chiunque fosse volenteroso di ascoltarle, perche sentiva acutamente
      l'angoscia della vacuità del mondo moderno
      il cui dio è mammona
      e la cui religione dominante è una scienza arrogante e insensibile che
      sembra intenta a sopprimere ciò che in noi rimane di umanità. Man
      mano che la società si disintegra e il significato della vita scompare
      le persone tendono a sprofondare nella disperazione o a ritornare alle loro radici. Per anni in occidente ci siamo tagliati fuori dalle nostre
      radici e ora, quasi sradicati, stiamo lentamente morendo per mancanza di nutrimento culturale.
      Alcuni occidentali cercano di vivere senza radici, idroponicamente,
      in una sorta di futurismo, mentre altri cercano di reinventare il passato con il "movimento di uomini", l'Adorazione della Dea
      l'Afrocentrismo e cose simili. Altri ancora cercano le radici in certe
      culture ancora viventi come quella indiana, tibetana, cinese o degli
      indigeni d'America, come se indossando le loro sembianze possano in
      qualche modo assimilare le loro tradizioni. Tuttavia siamo diventati
      cosi superficiali che pochi di noi sanno come immergersi abbastanza
      profondamente nelle culture che cerchiamo di emulare per attingere
      alle loro radici, e perciò di solito, come temeva Jung, ci avveleniamo."
      (da "Kundalini" di R. Svoboda)

      Luca

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    2. Nel senso: ha ragione Svoboda a dire che bisogna "diventare indiani" per credere nell'induismo? E' una domanda che mi pongo parecchio.

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    3. È una domanda interessante, rispondo che dipende dalla prospettiva. Per certe culture uno straniero può non essere mai del tutto accettato al pari che gli autoctoni, (se consideriamo religioni come l'ebraismo uno manco si può convertire) e se l'idea è cogliere del tutto nella prospettiva di un indiano la cultura indiana c'è da immedesimarsi... ma è davvero quello che cerchiamo? E perchè perdere qualcosa da cui partiamo, usiamolo, prima op oi può servirci per completare ed espandere. Quando un culto poi è molto diffuso un pò cambia (ho visto le messe cattoliche qui in colombia, cantate, la gente batte la mano a ritmo di musica, quasi ballano) e a volte perfino perde quegli elementi che ne erano la base al suo arrivo (guarda nel vudou e la santeria, le divinità e spiriti africani sono stati sostituiti dai santi cristiani, in questo caso è il cristianesimo che è stato 'modificato'). Parlando poi di induismo si abbracciano tantissimi rami di pensiero e modo di applicarli.

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